tontonews

(2009) Ho visto un re. Ah beh, sì beh...

IL MAGICAL MISTERY TOURISM DELLA BRAMBILLA.
(Luglio 2009) Ricordate? Sono passati due mesi da quando la ministra Brambilla annunciava al TG4 di Emilio Fede: "Sono ansiosa di mostrare l'immagine nuova dell'Italia alla quale il presidente Berlusconi lavora da giorni". Si trattava del marchio Magic Italy, e venne accolto da un coro di risate e da commenti del genere: "orrido", "un logo da televendita", "una sesquipedale scemenza visuale", "un marchio di pizza surgelata", "offensivo per un paese che vanta una decorosa, a volte gloriosa, cultura del progetto". Addirittura, su Facebook si formò il gruppo "Magic Italy Go Home".
Come è noto, il ministero del Turismo venne abrogato con un referendum promosso dai Radicali negli anni Novanta. È stato ripristinato da Berlusconi per tenere in qualche modo impegnata la signora Brambilla, che ha bisogno della sua dose di notorietà. Che, di per sé, non è una cosa grave, a meno che non diventi una forma pericolosa di dipendenza. E sinché la dipendenza dall'orrido non porta allo spaccio, ma resta ferma all'uso personale, alla Brambilla verrà di certo condonata la sanzione penale. Del resto, l'orrido non è neanche punibile ai sensi delle leggi vigenti.
Ora, sono passati due mesi e ci si chiede che fine abbia fatto il marchio: non se ne sa più niente. E così sembra che avesse ragione chi prevedeva un altro flop, dopo quello del portale e del logo italiano (il famoso "cetriolone") del turismo, costati molte polemiche e un mare di denaro pubblico (e intanto l'ex ministro Stanca, che ha molti meriti riguardo a quel flop, è stato mandato all'Expo per scialacquare i panni in Arno, insomma per adeguarlo preventivamente allo standard nazionale).
Ma sì, sarà di certo un flop, ma a noi rimaneva un dubbio: dove avrà preso l'idea, l'infaticabile visionario di Arcore? Poi siamo passati in via Bixio, a Milano, e abbiamo capito la magica coincidenza, cioè dove il Berlusca si è innamorato di quel corsivo sinuoso come una bavetta. Non c'è ombra di dubbio: Silvio è passato lì.


QUE VIVA ZAPPADU!
(Luglio 2009) Antonello Zappadu è il fotoreporter sardo che ha fatto tremare, appostamento dopo appostamento, contatto dopo contatto, fotogramma dopo fotogramma, il sultano di Arcore e la suburra (magica espressione di Scalfari: "Un premier sotto ricatto e una suburra di Stato", su Repubblica del 21 giugno) dell'impero berlusconiano: dai finti matrimoni con "papi", ai voli di Stato usati per trasferire amiche, musici e ballerine. Del protagonista di questa rivoluzione senza parole, è molto atteso l'instant book che molto probabilmente sarà pubblicato da un piccolo editore, e che è stato rifiutato dagli editori collusi con il grande magnete (magnete, non magnate: nel senso di grande attrattore monopolista) dell'editoria e dell'informazione in Italia.
Chi ha paura dei fotografi? Diaframma e tempi di esposizione dei reportage di Zappadu hanno evidenziato un contrasto drammatico: un pezzo di Italia famelico, dissennato, immorale e xenofobo ma non con le belle tose, che affonda l'immagine del nostro Paese, contro un pezzo di Italia perbene, che sgobba e tiene a galla il Rex. Ci chiediamo se oggi, dopo le scorribande di Zappadu, esista ancora qualcuno disposto a farsi una foto ricordo con Berlusconi e compagnia cantante (e che compagnia: per esempio, avete presente il leghista onorevole europeo Salvini, quello che ha proposto i vagoni separati per gli extracomunitari, che alla festa di Pontida canta "senti che puzza, scappano anche i cani, sono arrivati i napoletani"?). Dubbi al riguardo vengono espressi dal WSJ. Alla vigilia del summit del G8 all'Aquila, il Wall Street Journal scrive:
Ulrike Guérot, a political analyst who heads the Berlin office of the European Council on Foreign Relations, said German Chancellor Angela Merkel, who faces re-election in September, should exercise particular caution, given Mr. Berlusconi's propensity for playing pranks in front of cameras. "You have to be careful which photos you take with Berlusconi in the context of the German election," she said in a phone interview.
Cioè, un politologo dell'European Council on Foreign Relations ha avvertito Angela Merkel di stare attenta a come verrà fotografata accanto a Berlusconi durante il summit: un'immagine sbagliata potrebbe costarle la rielezione.
Potenza della fotografia... La notizia della pubblicazione di un instant book di Zappadu, se vera, è confortante. Perché Antonello ha avuto tutti contro, e tutti nello stesso istante: dagli avvocati-servi travestiti da onorevoli a spese dei contribuenti italiani; ai belpietrini lanciati da Belpietro e le perle del navigatore velinaro in solitaria, l'Angusto Minzolini; all'Authority della privacy dei ricchi e dei culi-di-fuori; ai magistrati improvvisamente veloci come una littorina (singolare la vicenda di quel giudice del tribunale di Tempio Pausania: un tribunale in cui i processi durano anche oltre 40 anni, e che, con una sentenza lampo, impiega un solo giorno per dire che la visione delle foto di Zappadu è vietata agli italiani).
Un fotoreporter che, alla fine, rischia di avere la meglio sui supporter del Capo, e che fa quello che l'opposizione delle sorelle Materassi (dalle Finocchiaro ai Franceschini) non riuscirà a fare neanche sotto tortura, è un meraviglioso miracolo italiano. Il miracolo degli eroi solitari che non si fanno sgamare dall'autodafé dell'inquisizione berlusconiana. Malgrado tutto. Perché, intanto, la muta di vigilantes e bon servant della Repubblica di Arcore ha cercato di incastrarlo e di farne un avido "paparazzo estorsore" autore di "falsi scoop" (Panorama): il Giornale di Paolo Berlusconi lo ha chiamato "il fotografo-spia". Ma conosciamo bene la disinformatia dell'apparato. Così come conosciamo Antonello. Insomma, c'è una parte del Paese sufficientemente adulta per giudicare senza bisogno di farsi pilotare dalle epifanie di Bonaiuti e Vespa. C'è una parte del Paese che non vuole sapere; e una parte che sa, e che ricorda.
Certo, io li ricordo, i Zappadu. Li ricordo chiacchieroni e allegri. Mi sono stati sempre simpatici. Antonello fa il fotoreporter da ragazzo, è un vero fotoreporter, insomma uno che ci crede. Il padre Mario, 40 anni in Rai, è il decano dei cronisti sardi, ed era il Ruggero Orlando del seguitissimo gazzettino sardo: una voce inconfondibile. La madre Mariolina, insegnante in pensione e collega di mia mamma, presidiava un negozio-cartoleria a 500 metri dalla casa dei miei genitori. Passavo lì quando tornavo in Sardegna per le vacanze di Natale, per comprare le "miccette" di Capodanno. E così le "miccette" dei Zappadu sono diventate l'iniziazione alla balentìa sonora di mio figlio nato milanese ma con le stigmate di un cognome sardo. Adesso è Antonello che spara le sue "miccette" in forma di file. E l'effetto è forse meno scenografico, ma sicuramente più devastante dei finti vulcani allestiti per allietare le notti allegre dei bon vivant nazionali e e dei putzen internazionali ospiti di villa Certosa.
Ora, la domanda che la parte sana del Paese si pone, anche dopo i reportage parzialmente diffusi del fotoreporter sardo, è la seguente: può un premier che si circonda di call girls e grandi sorelle adoranti, che telefona di notte alle minorenni dopo aver visionato un book fotografico, e che la stessa moglie definisce malato ("non sta bene"), governare il nostro Paese? Ma la cosa più dolorosa, la domanda più difficile, non riguardano le condizioni mentali di chi ci governa, ma le condizioni di chi si fa governare: cioè, è il nostro Paese che "non sta bene"? Un Paese un po' xenofobo, un po' mafioso e po' fascista, un po' molto clericale e po' sozzone, insomma un Paese molto-poco e poco-molto, in balìa di sondaggisti e perversi sociologi delle masse, non è un Paese sano: è un Paese in cui aleggiano i primi sentori di putrefazione.
Ci piacerebbe avere una risposta, almeno un conforto, magari da chi pensa di detenere il monopolio dei "valori della vita" e della morale, per esempio l'apparato vaticano. Che tace e dunque acconsente. Del resto, da Berlusconi ha avuto molto, e molto altro si aspetta.
Ecco, le foto di Zappadu sono la rappresentazione di questa grande frattura, di due pesi e due misure, degli opposti opportunismi, di due Italie: una parte sana, capace di indignazione ma impotente; e una parte sedicente felix e ottimista, che recita la parte del ricco sfrontato, e invece malata cronica, perfettamente compatibile con le sozzonerie di chi la comanda, e che sta portando l'Italia alla deriva. Una deriva profonda, genetica, in cui naufragano i cervelli, gli innovatori, i capitani coraggiosi, la cultura e l'istruzione scolastica, le imprese, l'economia: i rumors secondo cui l'Italia potrebbe uscire dal G8, sostituita dalla Spagna, possono anche essere una balla clamorosa, ma sono un segnale spaventoso.
Ma chi si spaventa? Il muro di complicità e paura che circonda la fortezza del Caimano - a volte come censura preventiva, a volte molto protettiva nei confronti di un ultra settantenne come la mitica cintura Gibaud - è duro da scalfire. Persino Santoro tentenna e non manda in onda - nell'ultima puntata - un'intervista a Zappadu. Sarà un cattivo segno? Secondo noi è un bellissimo segno. Significa che ormai la paura disorienta vittime e carnefici, e dilaga; e che, adesso, il ducetto di Arcore è in piena emergenza ansiosa.
A questo punto, non ci resta che aspettare: c'è una mezza Italia - quella che sgobba; quella che il lavoro logora chi ce l'ha; quella che la cassa integrazione, in abete mediamente stagionato, è l'anticamera delle pompe funebri; quella che non fa i bagni a Punta Lada, e non tanto per il rischio colibatteri e/o sifilide; quella che non viaggia con gli aerei di Stato; quella che si spoglia con pudore anche davanti al proprio medico; quella che i regali li fa soltanto a Natale; quella che non è passata per villa Certosa e palazzo Grazioli; quella che la scorta, se ce l'ha, la tiene nella dispensa; quella che i servizi segreti andrebbero messi alla berlina, anche in una station wagon, purché non sia un'auto blu; quella che pensa che avv. sia l'abbreviazione di avverbio e non di avvocato; quella che l'unica legge ad personam che conosce è quella del trapasso; quella che il lotto per mille è il gratta e vinci del Vaticano; quella che sinistra è la Gelmini quando spalanca gli occhi e li fa roteare come un orco che si appresta a mangiare i bambini; quella che le pulizie in casa le fa da sé, figuriamoci se assume un fattore come Mangano - in fase di sobbollimento, e i risultati saranno imprevedibili (persino le Marie Antoniette e i Luigi XVI del G8 svolto all'Aquila se ne sono accorti, quando hanno accennato al pericolo di "tensioni e conflitti sociali"). Prendendo in prestito la frase tristemente famosa di un soi disant grande statista, Massimo D'Alema, ci viene da dire: forza Antonello, facci sognare!


Aggiornamento del 23 luglio.
Il libro è pubblicato da Castelvecchi e si intitola "L'incubo di Berlusconi". È stato presentato l'altro ieri ai giornalisti. Di recente, Zappadu ha rivelato al Times che, da quando è al centro dello scandalo, il suo telefono è controllato e che lui è pedinato dai servizi segreti (evidentemente, non abbastanza segreti). Ci viene in mente l'inquietante nona delle dieci domande poste dal quotidiano Repubblica al premier: "Lei ha parlato di un progetto eversivo che la minaccia. Può garantire di non aver usato né di voler usare intelligence e polizie contro testimoni, magistrati, giornalisti?".

LA SARDEGNA HA DATO VIA I CIAPP. E IL PD VA A CIAPÀ I RATT.
(Febbraio 2009) La cattiva notizia: in Sardegna vince Berlusconi e il PD prende una sonora bastonata. La buona notizia: ha votato soltanto il 67% degli aventi diritto al voto; il 51,88% di questo 67% ha dato la preferenza all'uomo di Berlusconi; il 51,88% del 67% è una minoranza; significa che il resto, cioè la maggioranza dei sardi, è composto ancora da gente perbene.
Ha vinto una minoranza, ma soprattutto ha vinto il partito del cemento e dei liberi muratori, l'onda sinusoidale che passa dai nuovi berluscones ai morti viventi della vecchia DC, dal nuovo PD ai residui del vecchio PCI, dalle cooperative rosse a quelle bianche. Non a caso, gli osservatori indigeni meno mansueti sussurrano che un notevole contributo per far fuori il povero Soru sia stato offerto da alcuni maggiorenti del PD sardo.
Vince il partito del cemento: lo stesso Cappellacci, a scanso di equivoci, ha subito dichiarato che la prima azione del suo governo riguarderà la “revisione”, cioè la trombatura, del coraggioso piano salvacoste di Renato Soru.
E così la Sardegna, ben disposta a mettere sul mercato il proprio territorio, si offrirà, in cambio di un piatto di veline, al ruolo gaudente di vasca da bagno preferita dagli italiani. Turismo e cemento, nelle perverse intenzioni di Berlusconi, dovrebbero dare ai sardi oltre 100 mila nuovi posti di lavoro. I camerieri sardi, nominati todos caballeros, attendono con impazienza. Nel mentre, il neo presidente Cappellacci e i suoi caballeros approveranno il nuovo menu turistico messo a punto dal visionario di Arcore e che entrerà obbligatoriamente in vigore dalla prossima estate nelle migliori trattorie isolane:
Büseca
Cassöla
Col e magun
Cutulèta
Crustin negà
Less e salsa verda
Minestra de fasö
Oss büs
Pulenta e gurgunsöla
Risott in cagnun.

Abolita la maggior parte dei vini autoctoni, resterà comunque il Cannonau ma con titolo alcolometrico non superiore ai 7,5 gradi; tra gli ammessi, il Dolcetto di Dogliani, lo Scherzetto di Bossi e il Ducetto di Arcore. Sopravviverà, invece, uno dei vini più rappresentativi della cantina dell'ex pubblicitario Sanna, doppio autore della campagna di Soru e di quella di Cappellacci: Buio Buio (d'accordo, di primo acchito il nome tombale può richiamare l'oscurità oscurità, la morte morte, il decesso decesso, e sembrerebbe inquietante; ma la verità è che con la vecchiaia arriva anche un po' di sordità, e perciò certe cose bisogna ripeterle almeno due volte).

ELEZIONI IN SARDEGNA: VALERIA MARINI FOR PRESIDENT.
(Febbraio 2009) È un martedì. Il 10 febbraio. Va in onda il TG2 della sera. Intorno alle 20.50, viene trasmesso un servizio sul carro di Tespi della campagna elettorale sarda, con un’intervista ai due attori: Renato Soru, che spera di replicare il precedente successo, e Ugo Castellacci, che fa le veci del vate di Arcore.
Soru espone alcuni punti del proprio programma, in modo chiaro, giocando persino di sponda con gli insegnamenti gramsciani, enfatizzando soprattutto il ruolo di un auspicabile rilancio della cultura e dell’istruzione in Sardegna.
E che dice Cappellacci? Berlusconi insulta Soru descrivendolo come "un fallito", perché il titolo Tiscali ha perso nella speculazione in Borsa gran parte del suo valore iniziale (dimenticandosi di dire che il titolo Mediaset - società quotata in Borsa per ripianare l'antico debito - ha perso una percentuale analoga: per la precisione, se Tiscali è passata da 107.34 della settimana del 10/03/2000, al rece
nte 0.39, sicuramente Mediaset non ha fatto meglio, visto che è passata da una quotazione di 26.80 ai recenti 3.70, con una perdita dell'86%; per non parlare, poi, dell'altro "gioiello di famiglia", Mediolanum, passata da 18.70 a 3 euro). E così Cappellacci ripete il verbo parziale del furbetto di Arcore: dice che la giunta Soru ha fallito; e che lui, invece, contribuirà a portare la Sardegna a non essere più “l’ultima locomotiva del carro”. Testuale.
Lo slogan di Cappellacci è "la Sardegna torna a sorridere". E dobbiamo ammettere che Cappellacci ci sembra una persona coerente e determinata: c'è riuscito. Anzi, ha persino esagerato. Perché, anche se è dai tempi di Tiberio Sempronio Gracco che i sardi non hanno tanta voglia di sorridere, questa volta la Sardegna non ha sorriso: si è scompisciata dalle risate. Però, a questo punto, tanto valeva che Berlusconi, invece di Cappellacci, candidasse Valeria Marini.

Aggiornamento sull'u
ltima "locomotiva del carro". Qualcuno si è accorto dell’infelice uscita del candidato di Berlusconi, e così è corso ai ripari. Il giorno seguente, alla stessa ora (mercoledì alle 20.55), il TG2 ha riproposto praticamente lo stesso servizio, ma ricondizionato: con un nuovo intervento finale di Cappellacci, senza le incertezze sintattiche del primo servizio, e soprattutto senza l’idiozia della locomotiva. L’operazione di pulizia lessicale svolta dal TG2, più losca che furba, conferma come la poderosa macchina del consenso e il minculpop di Berlusconi abbiano raggiunto un livello di azione capillare, esteso alle periferie, a prova di errore. Domanda: chi è il capostazione che ha fischiato lo scambio, e chi è il macchinista che ha obbedito?

CAPPELLACCI E CAPPELLINI.
(Gennaio 2009) Elezioni in Sardegna. E così Berlusconi ha scelto un contabile per le sue proprietà sarde: si chiama Cappellacci, è devoto del madonnaro di Arcore, e fa, appunto, il commercialista. I grandi elettori sardi sono scettici sulla scelta, ma il Berlusca conosce e sa parlare ai suoi polli, così come san Francesco parlava ai passerotti. Non a caso ha cominciato la sua crociata anti-Soru, la sua molto personale campagna elettorale, con lancio di battute, insulti a Soru (e di conseguenza al popolo sardo), gadget, bandierine e cappellini, nella parte di Sardegna storicamente più povera di cultura e idee, ma molto mondana e devota al cemento e ai commerci di varia natura, e molto ben disposta a diventare in via definitiva, secondo il Berlusconi-pensiero, la vasca da bagno preferita dagli italiani: Olbia e Arzachena.
Del resto, qui Berlusconi è una vecchia conoscenza: dai tempi delle scorribande di Edilnord, a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta, quando portava la giunta di Olbia, con il suo aereo personale, in visita a Milano2. Oggi questa zona è diventata - quasi per vocazione naturale - il fortino di Forza Italia e il Fort Knox Bullion Depository dei Berlus
coni. Il nuovo sindaco forzaitaliota di Olbia è stato eletto con il settanta per cento di preferenze: come ringraziamento, invece di accendere un cero alla madonna come usava ai tempi della DC, ha intitolato una via a Josemaria Escriva, fondatore dell’Opus Dei. Un ringraziamento proporzionato alla misura del successo: perché non si è limitato a intitolare una via, ma addirittura un lungomare. Decisione che non ha suscitato poi molte perplessità. La cittadinanza è da sempre rassegnata alla convivenza con una classe politica per tradizione tutt’altro che brillante, sbracata e spensierata, concentrata più che altro a far quadrare il cerchio degli appalti, degli enormi interessi delle grandi e piccole imprese del cemento e del suo stratosferico indotto. Classe politica poco brillante, ma anche becera e arrogante: qui ci si ricorda ancora del giorno in cui il precedente sindaco di Olbia affrontò in pubblico il governatore Soru, urlandogli: “Tu non conti un ca..o!”.
Renato Soru sa c
he non è impossibile opporsi a questa classe politica così poco intelligente, tanto "distratta" (è accaduto, appunto, a Olbia) da costruire un teatro all’aperto nei pressi di un aeroporto internazionale. Alla violenta arroganza dei soldatini di stagno del Berlusca, reagisce con la calma insidiosa di un bronzetto nuragico: alla lunga, è una non-reazione che paga, e che piace.
In questo contesto, oggi Berlusconi dice di aver fede nel suo candidato signor Quasi-Nessuno, e di andare a votare, se non turandosi il naso, come usava ai tempi della DC, almeno chiudendo gli occhi. Chissà se Berlusconi, che non sarà uomo di vasta cultura, ma che ha un innegabile senso pratico, ricorderà quello che diceva Totò in Uccellacci e uccellini: “Con la fede ci si crede, e con la scienza ci si vede”.

Tra l’altro, Cappellacci e Soru hanno cominciato la campagna elettorale sotto un peso esagerato: la stampa nazionale sostiene che, quello della Sardegna, sarà un test importante, e che Renato Soru si stia allenando al ruolo di premier del centrosinistra. Sarà, ma i nostri commentatori politici a volte sembrano degli scriptwriter di comedy shows, quando trasformano il candidato di Berlusconi e quello del PD nei due personaggi picareschi del film di Pasolini: Totò e Ninetto Davoli come simbolo dell’umanità incamminata verso l’ignoto. In un paesaggio di periferia, come quello sardo, che con la periferia romana ha soltanto una cosa in comune: il sacco edilizio.

PREMIO GIORNALISTICO PINO CAREDDU 2009.
(Gennaio 2009) A un anno dalla scomparsa di Pino Careddu, direttore di Sassari Sera, Confindustria Nord Sardegna organizza il convegno "Controinformazione=coraggio: gli esempi di Sassari Sera in Sardegna e di Tele Jato in Sicilia". Al convegno, che si terrà martedì 20 gennaio alle ore 18 presso Villa Mimosa, parteciperanno: Gibi Puggioni, capo servizio della redazione sassarese di Videolina (di recente, è uscito un libro di Puggioni su Pino Careddu e Sassari Sera, intitolato "Buongiorno Eccellenza, ancora a piede libero?", edito da Carlo Delfino Editore); Alberto Pinna, giornalista del Corriere della Sera; lo storico Manlio Brigaglia, già titolare della cattedra di Storia dei partiti e dei movimenti politici nella Facoltà di Lettere e Filosofia e docente di Storia contemporanea nella Facoltà di Scienze Politiche a Sassari; Pino Maniaci, giornalista-editore di Tele Jato. Al termine dell'incontro, verrà consegnato il premio a un giornalista particolarmente attivo nell'ambito della contro-informazione.
Iniziativa lodevole. Così come ci sembra importante la decisione di Confindustra Nord Sardegna di accogliere, in comodato d'uso, l'intera collezione di Sassari Sera: vuol dire che il "giornale più fotocopiato della Sardegna" sopravviverà nella memoria dei sardi, malgrado la scomparsa del suo impareggiabile fondatore-direttore-one man show.
Al ricordo (molto personale) di Pino abbiamo dedicato uno spazio nel nostro blog in occasione della scomparsa del giornalista, avvenuta nel mese di gennaio del 2008:
In memoria di Pino Careddu

È FINITA L’ERA (IMPERFETTO DEL VERBO ESSERE) DEI BUSH.
(Gennaio 2009) Arriva Obama alla Casa Bianca e George Bush se ne va. Nel suo discorso d’addio, Bush ha dichiarato, con solenne insolenza, “abbiamo fatto degli errori, ma il mondo è più libero”. È quello che pensa lui. Quello che pensano gli altri, è che Bush ha trasformato il mondo in una prigione. Gli auguriamo comunque una lieta pensione, e gli consigliamo di girare alla larga dai calzaturifici: la gente fa in fretta a specializzarsi nel tiro della scarpa.
Noi abbiamo festeggiato lo sgombero di casa Bush con la visione di un piccolo gioiello: L’ospite inatteso (The Visitor), di Tom McCarthy. Un film che ha tutto in regola: regia, sceneggiatura, attori. Tutto: persino la musica, cruda e misurata. Così civile, così delicato, così rigoroso sulla morte dei valori impressa dalla gerenza dei Bush, che alla fine neanche abbiamo sofferto per quel senso di lutto, quella malinconia alternata al sorriso che ci trasmette il film; anzi, ci è venuta una speranza, forse una certezza: che con l’addio di George Walker Bush, 43mo presidente paleoproterozoico americano, sia veramente finita l’Era del Cretino (geocronologicamente parlando).
Coincidenza: nel film ritroviamo la brava attrice Hiam Abbass, la palestinese coraggiosa e ostinata del film di Eran Riklis “Il giardino di limoni”. Film che ci ritorna in mente mentre Israele e Hamas abbozzano una tregua (ma abbiamo paura che si tratti, più che altro, di una semplice pausa-pranzo dell’industria bellica), con l’operazione “Piombo fuso” delle truppe israeliane nella striscia di Gaza che si smorza, forse per non creare troppo imbarazzo nei giorni della transizione Bush-Obama.

Riki, Tiki e Tavi.